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Il pane con la milza: storia del top dello street food palermitano

La gastronomia palermitana, oltre ad essere ricca di piatti pregiati, annovera anche ricette “povere” ricche di gusto e di storia. Nel nostro caso, ad esempio, questo legame deriva dal Medioevo e dai gruppi ebraici che vivevano in città. Gli ebrei che lavoravano nei mattatoi della città, a causa dei loro vincoli religiosi, non potevano percepire compenso per quel tipo di lavoro, quindi venivano pagati in natura ed allora venivano ricompensati con le interiora degli animali abbattuti, che poi bollivano e vendevano ai cristiani, tutto ad eccezione del fegato che veniva venduto a parte a caro prezzo.

Uno dei cibi più importanti creato dagli ebrei è proprio il pane con la milza o pani c’a meusa che, anche se vecchio di più di 1000 anni, è il cibo da strada per eccellenza di Palermo.  Dopo aver bollito milzapolmone e scannarozzato, cioè le cartilagini della trachea del bue, affettavano il tutto, li soffriggevano nello strutto e mettevano il tutto in mezzo al pane. Nacque così il pane con la milza.

Dopo l’espulsione degli ebrei dalla città di Palermo, questa tradizione culinaria venne continuata dai caciuttari che aggiunsero la milza al pane inzuppato di strutto fuso e ripieno di ricotta e cacio fresco a fettine.

Questa pietanza, tradizione esclusiva di Palermo, consiste in una pagnotta morbida (vastella), superiormente spolverata di sesamo, che viene imbottita da pezzetti di milza e polmone di vitello. Il meusaru si serve inoltre di un’attrezzatura tipica: una pentola inclinata, all’interno della quale frigge lo strutto mentre in alto attendono le fettine di milza e polmone che devono essere fritte solo al momento della vendita. Una forchetta con due denti serve per estrarre dall’olio le fettine fritte, che vanno scolate brevemente e inserite nella vastella, anch’essa calda, e per questo custodita sotto un telo. Il panino va servito caldo, in carta da pane.