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Colapesce e la Sicilia: una delle più belle storie che raccontano l’isola

La Sicilia è una terra dalle mille storie popolari. Tra queste troviamo quella di Colapesce. La sua storia è particolarmente avvincente.

La storia è ambientata nel mese di maggio del 1140, data in cui si presume che re Ruggero II abbia visitato Messina. La leggenda narra che in paese si parlasse molto di Colapesce, un pescatore particolarmente prestante nel nuoto. Di lui si diceva che avesse branchie a posto dei polmoni e pinne a posto delle mani e che avesse nuotato fino in Campania e in Puglia. Tali chiacchiere incuriosirono re Ruggero II, che chiese di incontrarlo.
I due si diedero appuntamento nel mezzo dello Stretto di Messina. Durante l’incontro il re parlava dalla prua della sua nave e Cola Pesce dal mare che ospitava le sue gesta tanto raccontate dal popolo.

La leggenda
Colapesce aumentava con le sue parole la curiosità del re, affermando che giocava spesso con i delfini e che aveva visto tanti pesci negli abissi del mare. Il re decise allora di mettere alla prova il pescatore: afferrò una coppa e la lanciò in acqua, ordinando a Colapesce di andarla a recuperare. Quest’ultimo obbedì e si immerse. Passarono diverse ore, ma verso il tramonto riemerse. Il pescatore raccontò al re che a causa dell’alta profondità del mare non riusciva a vedere la coppa, fino a quando vide un fuoco ardente in una grotta marina che illuminava la coppa sommersa.
Il re era titubante sulla presenza di un fuoco sott’acqua e ordinò a Colapesce di portargli più informazioni e per convincerlo gettò la propria corona in acqua. Il pescatore si immerse nuovamente e riemerse dopo tre giorni, stremato.

Colapesce raccontò al re della presenza di tre colonne che sorreggevano la Sicilia, di cui una quasi distrutta a causa del fuoco marino che si rivelò essere la lava dell’Etna. Il re, preoccupato per la colonna e incuriosito maggiormente dalla situazione, ordinò a Colapesce di immergersi nuovamente e per convincerlo, prese la mano della figlia, la quale era meravigliata dalle gesta del pescatore, le sfilò l’anello e lo gettò in acqua.

Colapesce ancora stanco, ma incoraggiato dalla bellezza della fanciulla, prese delle lenticchie e disse che se le lenticchie fossero riemerse senza di lui avrebbero significato la sua morte (i canti popolari narrano che il pescatore aveva portato un pezzo della colonna rovinata al re e come prova della sua morte avrebbe usato quel pezzo di colonna e non delle lenticchie). Colapesce si immerse, passarono diversi giorni e diverse notti fino a quando il re non notò delle lenticchie sulla superficie del mare e l’anello della figlia fiammeggiante.

Conclusione
Il popolo messinese parla ancora oggi di questa storia e delle magnifiche gesta del pescatore. Tutt’oggi quando la terra viene scossa dai terremoti si dice che bisogna star tranquilli, perché c’è Colapesce che, ancora vivo e vegeto, sostiene la colonna rovinata della Sicilia, impedendo che la sua amata isola possa affondare, e che se la terra trema è soltanto perché il pescatore sta cambiando spalla con cui far peso per sostenere la colonna.